La Cassazione è intervenuta ancora sull’annosa questione del regime fiscale del trust ai fini delle imposte indirette. Lo ha fatto con la recente sentenza 30 maggio 2018 numero 13626, nella quale è stato giudicato un trust liquidatorio, istituito da una s.p.a., conferendo quote di s.r.l. di sua proprietà allo specifico scopo che il trustee le alienasse a titolo oneroso per soddisfare, con il ricavato, parte della propria esposizione debitoria.
L’atto istitutivo del trust era stato tassato con la sola imposta fissa di registro, ex art. 11 della tariffa allegata al TUR, nel presupposto che il trust, non avendo natura di atto a titolo gratuito, non potesse scontare l’imposta sulle successioni e le donazioni. L’Agenzia delle Entrate locale aveva, invece, richiesto il tributo appena menzionato nella misura massima dell’8% sul valore dei beni costituiti in trust e trasferiti al trustee.
Questo il ragionamento seguito dai giudici di legittimità, per arrivare a sostenere, nello specifico caso trattato l’applicabilità dell’imposta proporzionale sulle successioni e le donazioni:
1. Presupposto per applicare l’imposta proporzionale di registro ex art. 9 della tariffa allegata al Tur è la natura onerosa dell’atto, intendendosi per tale solo l’atto a prestazioni corrispettive. E’, pertanto, da escludersi che l’atto istitutivo di un trust possa essere qualificato come oneroso, dato che il trasferimento dei beni al trustee avviene a titolo gratuito, ossia in assenza di un corrispettivo.
2. L’atto istitutivo di trust non sconta il tributo successorio (bensì la sola imposta fissa di registro), solo se è un atto strumentale. E quindi deve prevedere:
a. la segregazione del patrimonio conferito,
b. la gestione nell’interesse di terzi,
c. la successiva restituzione al disponente o la destinazione ai beneficiari finali.
Solo in presenza dei presupposti menzionati, il “reale trasferimento” avviene nei confronti dei menzionati beneficiari finali e non del trustee.
La Cassazione, non avendo riscontrato nel recente caso esaminato, l’esistenza dei detti presupposti, ha escluso il carattere strumentale del passaggio dei beni al trustee. Costui viene, infatti, individuato come l’unico e “finale” destinatario del trasferimento e, quindi, il soggetto cui è imputabile il conseguente arricchimento e la manifestazione di capacità contributiva che ne deriva.
Si tratta, tuttavia, di un ragionamento ritenuto dalla prevalente dottrina di settore “molto semplicistico”. In particolare, non pare condivisibile la tesi per cui, in assenza di specifici beneficiari finali, l’immediato e diretto destinatario del trasferimento sia il trustee. E, infatti, anche nei trust liquidatori, il trasferimento dei beni ad un soggetto diverso dal disponente è strettamente legato all’attuazione di uno scopo. Il trustee non può disporre come meglio crede dei beni a lui formalmente intestati, ma, al contrario, solo per realizzare la specifica finalità individuata dal disponente ed espressa nell’atto costitutivo.
Si tratta infatti anche in questo caso, di un mero trasferimento temporaneo e strumentalmente orientato. E la temporaneità e la strumentalità di tale trasferimento sono facilmente ricavabili dal fatto che la proprietà dura il tempo necessario alla liquidazione dei beni e alla soddisfazione dei creditori.
Neanche questa pronuncia dei giudici di legittimità è riuscita quindi a fare chiarezza in materia. Appare, quindi, decisamente auspicabile una pronuncia di Cassazione a Sezioni Unite.